L’ABITO

Dopo aver rinunciato ai suoi beni e quindi anche ai vestiti paterni Francesco venne rivestito dal vescovo Guido di Assisi con il suo mantello. In seguito egli indossò abiti piuttosto dimessi e di fatto, quando fu assalito dai briganti, fu da loro insultato come rusticus, cioè come un popolano mal ridotto. Lavorò poi, come sguattero, in un monastero benedettino, vestendo di un misero camiciotto e poi di una tunica (sacco).

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«San Francesco d'Assisi rinuncia ai beni del padre - dipinto murale, 1479 - 1485, Domenico Ghirlandaio»

Nella sua prima esperienza l’abito fu di eremita penitente (bastone, calzari e cinta di cuoio) poi seguendo alla lettera il Vangelo, che parla di una sola tunica, si ritagliò una tunica a forma di croce (Tau) e si cinse con una corda, i piedi erano nudi (Maestro del XIII secolo San Francesco disegna il modello della sua tunica Firenze chiesa Santa Croce). In una società in cui l’abito indicava lo stato sociale della persona Francesco era un vero povero.

La veste dei poveri era un “sagum” (da cui saio) un indumento usato nel lavoro o in viaggio (dal periodo romano al periodo medievale) un semplice camicione (sacco) lungo fino a metà polpaccio e stretto in vita da una fune o corda. Era di panno di lana, meno pregiato e non tinto, usato da contadini, poveri e mendicanti. Ad esso era attaccato un cappuccio e quando era forato e strappato era riparato con toppe da dentro e da fuori. Il cappuccio, segno di umiltà, è una reliquia conservata a Corvaro di Borgorose (Rieti) e lo troviamo raffigurato a Subiaco e a Greccio. Nell’arte, tra l’altro, Margaritone d’Arezzo e Pietro da Copenaghen ofm hanno rappresentato Francesco con il cappuccio che copre la testa.

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«Il saio di san Francesco e quello di santa Chiara conservati nella cripta della basilica di santa Chiara ad Assisi»

La tonaca di San Francesco che si conserva ad Assisi presenta 31 rattoppi di pezzi diversi riciclati, logora e lacera, con un colore dal grigio al marrone. Tommaso da Celano, primo biografo, (1190-1260) scrive che l’abito (francescano) riproduce l’immagine della croce, caratterizzava e distingueva i minori e come ai contadini erano assimilati ai poveri del tempo. La tonaca arrivava ai piedi e il cappuccio era cucito o meno al vestito.

Nei costumi di Danilo Donati per il film di Franco Zeffirelli i nobili ricchi hanno abiti pesanti come una corazza che li soffoca e li immobilizza mentre la veste semplice di Francesco simboleggia l’autenticità di una vita semplice vissuta in comunione con il Padre che ci ha creati.

L’arte nelle sue rappresentazioni ed espressioni ha dato un contributo notevole per scoprire l’abito.

Nella regola non bollata del 1209 così è scritto (VIII) 

E tutti i frati portino vesti umili e sia loro concesso di rattopparle con stoffa di sacco e di altre pezze con la benedizione di Dio, poiché dice il Signore nel Vangelo: Quelli che indossano abiti preziosi e vivono in mezzo alle delizie quelli che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re. E anche se sono tacciati di ipocriti, tuttavia non cessino di fare il bene, ne cerchino vesti preziose in questo mondo perché possano avere una veste nel regno dei cieli.

Nella regola bollata del 1223 così è scritto (III)

…Di poi concedano loro i panni del noviziato, cioè due tuniche senza cappuccio e il cingolo e le brache e il capparone fino al cingolo, a meno che agli stessi ministri alcuna volta non sembrerà di dover fare altrimenti secondo Dio.

…E quelli che già hanno promesso obbedienza, abbiano una tonaca con cappuccio e coloro che vorranno averla, un’altra senza cappuccio. E quelli che sono costretti per necessità, possano portare i calzari. E tutti i fratelli si vestano di panni vili, e possano rattopparli con sacchi ed altre pezze, con la benedizione di Dio. I quali io ammonisco ed esorto a non disprezzare né giudicare gli uomini che vedono vestiti di vesti fini e colorate, usare cibi e bevande delicate ma piuttosto ognuno giudichi e disprezzi se medesimo.

Il colore dell’abito non doveva essere ne bianco ne nero (colori monastici) ma di color terra, per cui si ebbero varie tonalità di grigio (bigio, chiaro, cenere, rossiccio, scuro) fino ad assumere per i Minori il colore marrone nel 1897. I Conventuali hanno l’abito di colore nero (mantella larga) come anche il TOR, altre fraternità il colore grigio (Francescani dell’Immacolata Concezione, Francescani dell’Atonement,) il colore marrone chiaro per i Rinnovati e l’azzurro per la Fraternità di Betania.

Sono parti integranti della tunica: il cingolo di lana bianca o corda di canapa con i tre nodi (simboli dei voti: castità, povertà, obbedienza) che ricordano anche la frusta di funicella sparsa di nodi (lato destro del corpo), dal 1628 ad esso è appesa la corona del rosario (lato sinistro); lo zucchetto, i sandali o calzari (segno di itineranza, in antico l’uso degli zoccoli di legno definì i frati zoccolanti); il cappuccio ( a punta per i cappuccini) e la mantella ( a forma di ruota).

In ogni convento era stabilito un lanificio ovvero la lavorazione della lana grezza dell’agnello tosato per il vestiario. La tonsura ovvero il taglio circolare dei capelli per richiamare la corona di spine di Gesù Cristo fu abolita dal concilio Vaticano II, la tonsura completava l’abito.

Gregorio IX nel 1240, con la costituzione Quia Confusio Habitus, difese l’abito francescano e proibì l’imitazione, per cui indossarlo fu ritenuto un modello di appartenenza, di legame e di virtù, anche quando i regnanti e i nobili lo vestivano presso la corte.

Clemente IV (1265-68), Niccolò IV (1288-92) e Urbano V (1362-70) concessero la remissione della terza parte dei peccati per chi chiedeva di essere seppellito con il saio o che moriva con l’abito.

Giovanni XXII concesse una particolare indulgenza che prevedeva il bacio dell’abito dei Minori o di ricevere una parte dell’abito e vivere in convento con i frati (confraternita dei cordigeri o cordiglieri o del cordone di san Francesco).

La vestizione del saio, secondo il rito, intende simboleggiare la morte del vecchio e la nascita del nuovo, così come il cambio del nome (dalla vita secolare alla vita religiosa).

E infine non dimentichiamo l’abito di diacono, la dalmatica (per indicare il servizio) come è rappresentato Francesco nel presepe di Greccio.

 


Letture consigliate

Giancarlo Rocca (a cura di), La sostanza dell’effimero (Gli abiti degli ordini religiosi), Edizioni Paoline, Milano, 2000

Rossetti Felice, L’abito francescano, Casa Mariana Editrice, Frigento (AV), 1989

Milosevic G., L’abito primitivo dei frati minori, Padova,1898

Viviano Emanuela, Vestire è servire, Edizioni Paoline, Milano, 2019